Non è un post celebrativo, anche perché non ho mai assistito ad un suo concerto.
La vita di Ezio Bosso è stata segnata, negli ultimi nove anni da una neuropatia degenerativa che ha costretto l’artista, all’inizio di quest’anno ad abbandonare l’esibizione dal vivo. Suonare il pianoforte e condurre l’orchestra richiedevano ormai troppe energie al suo organismo fragile.
Eppure, il suo amore e la sua passione per la musica, così evidenti e contagiosi, lo hanno sostenuto, lo hanno spronato a vivere, incontrare, condividere, partecipare.
E allora possiamo fare l’ipotesi, come ha ben detto la mia amica Laura V. , che Ezio traesse forza e vitalità proprio dalla sua arte, inscindibile dal senso dell’esistenza.
Ezio Bosso era un tutt’uno con la sua musica, e questa le restituiva la resilienza per fronteggiare la malattia cronica.
A differenza di molti altri artisti, consumati dalla musica (penso a Bix Beiderbeck, Amy Winehouse,… ) lui si è rafforzato e ha potuto, con i suoi concerti, rallentare la progressione del male.
Sarebbe fantastico se qualche altra persona con malattia/dolore cronico, suo fan o musicista/artista come lui, potesse ripensarsi nel suo fare arte, come una resistenza di salute, di bellezza salvifica.
Ricorderemo Bosso per la sua empatia e carica umana. Sono certo che ha dato speranza e gioia ad altre anime sensibili, nel corpo e nella mente.